sabato 31 gennaio 2009

Oh Il JEM

30 gennaio 2009
Nei giorni della svolta e della pacificazione della crisi congolese, è il Sudan a ripiombare in una spirale di violenza pericolosa per tutta l'area. E' di queste ore la notizia che l'esercito sudanese sta assediando le forze ribelli del Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza (Jem), uno dei gruppi ribelli della regione.
Combattimenti sono in corso tra Jem ed esercito per riassumere il controllo della città di Mohajeria, ora sotto il controllo dei ribelli. I primi scontri sono scoppiati a metà gennaio attorno alla città di Muhajiria, 80 chilometri a est dalla capitale del Darfur del Sud, Nyala, conquistata dai ribelli del Jem. Khartoum ha risposto bombardando l'area e inviando truppe di terra. A Muhajeriya, dove sono arrivati più di tremila sfollati negli ultimi giorni, sono stati evacuati i gruppi facenti capo all'Onu.
Inoltre elementi della Guardia Repubblicana del Ciad hanno attraversato il confine per rifornire il Jem, con attrezzature e cibo per sottrarsi all'assedio. Il ministro di Stato per l'informazione sudanese Kamal Obeid ha fatto sapere che gli eventuali attacchi degli uomini del Jem, in corso a est e a nord di El Fasher, la capitale del Darfur del nord, "saranno repressi duramente e sarà annientata qualsiasi forza che tenterà di soccorrere i ribelli".
Il riferimento è al Ciad, che gioca la sua partita in una zona chiave per le alleanze strategiche e le risorse naturali. E indirettamente, alla Francia, accusata da Khartoum di essere in silenzio (e quindi complice) sul comportamento del Ciad, "anche se sa benissimo dei movimenti dei ribelli sudanesi e del sostegno che il governo di N'Djamena dà al Jem", ha detto il ministro.
Da parte sua, il presidente ciadiano Idris Deby aveva accusato Khartoum, nei giorni scorsi, di sostenere una alleanza di fazioni armate che intendono rovesciarlo. E' risaputo per altro che il Ciad rifornisce il Jem di armi e di veicoli, fornendo appoggio logistico e strutturale volto a minare la stabilità e la sicurezza del Darfur e per aiutarlo ad eliminare altri movimenti del Darfur, in particolare il Movimento di Liberazione del Sudan (Slm) di Minni Minnawi, il principale gruppo ribelle del Darfur che ha firmato l'accordo di pace con il Sudan ad Abuja nel 2006, che sancì la fine dei combattimenti tra i vari gruppi armati, sotto la mediazione delle grandi forze internazionali (Francia e Usa, ma anche la Cina e i movimenti islamici) decise a spartirsi la torta delle risorse petrolifere.
Ma adesso si rischia un tutti contro tutti molto pericoloso. Edmond Mulet, un ufficiale della missione di pace congiunta Onu-Ua (Unamid) ha riferito al Consiglio di sicurezza uno scenario teso e infuocato, con azioni incrociate del Jem, dello Slm e del governo, che hanno scelto la via del confronto armato abbandonando quella del negoziato. "Noi auspichiamo che il Consiglio di sicurezza inviti tutte le parti a fermare queste operazioni militari, ad attenersi al diritto umanitario e a rispettare i civili ancora vittime di questi combattimenti" ha detto Mulet.
La situazione sembra ancora relativamente sotto controllo, ma molti temono sia il classico fuoco che cova sotto la cenere. I bombardamenti di queste ore rappresentano "le peggiori violenze" registrate dall'inizio del 2008 secondo l'analista sudanese Alex De Waal, che ha denunciato la forte tensione in Sudan, legandola anche alla decisione della Corte penale internazionale dell'Aia (Cpi) che ha accusato di genocidio il Presidente Omar al Bashir, per i crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur dal febbraio 2003, all'interno di un conflitto che ha causato finora 300mila morti e oltre 2,7 milioni di profughi.
ALESSANDRO CHIAPPETTA
SEMPERE SANGUE .................... fin quando.................................azim

giovedì 29 gennaio 2009

Protesta ma con dialogo non cosi?!!


La protesta di un centinaio di giovani dei centri sociali e immigraticontro le condizioni in cui decine di profughi vivono in una ex clinica occupata
Torino, scontri sotto la Prefetturaferiti sei agenti e un manifestante
Per le forze dell'ordine c'è stato un vero e proprio assaltoI dimostranti negano: "E' stata la polizia che ci ha caricato"

TORINO - Scontri a Torino durante una manifestazione di giovani dei centri sociali e immigrati fuori dalla Prefettura. Sei poliziotti sono rimasti feriti alle gambe, colpiti con bastoni e cubetti di porfido. Ferito anche un ragazzo. I manifestanti avevano chiesto di essere ricevuti dal prefetto per spiegare la loro protesta relativa alle condizioni di decine di profughi che occupano una ex clinica della città. Secondo la polizia hanno assaltato l'edificio. Diversa la versione fornita dai dimostranti. Le forze dell'ordine hanno caricato i manifestanti, poco meno di un centinaio, a più riprese, allontanandoli dagli uffici in piazza Castello, fino a disperderli, dopo avere sparato alcuni fumogeni. I dimostranti, che nel pomeriggio aveva protestato sotto il Municipio, hanno lanciato cubetti di porfido estratti dal pavimento della piazza, pezzi di legno e ferro ricavati da alcune panchine smontate, un tombino e blocchi di neve ghiacciata. Sono state danneggiate alcune auto parcheggiate davanti alla Prefettura, contro il portone è stato lanciato un cassonetto dei rifiuti. I giovani dei centri sociali negano di aver preso d'assalto la Prefettura: "Ma quale assalto, è la polizia che ci ha caricato selvaggiamente!". "A Torino, come a Massa e Lampedusa - dice un esponente (italiano) del Comitato di solidarietà per i profughi e i migranti - c'è un filo diretto che unisce la repressione contro chi chiede diritti per i rifugiati, mentre le istituzioni li lasciano nell'isolamento totale". Il rappresentante del comitato spiega i motivi di tanta tensione in una vicenda dove i protagonisti sono 300 immigrati di Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan che occupano un edificio del Comune in via Bologna e un altro privato in corso Peschiera: "Oggi c'è stato un incontro in Comune con gli assessori Borgogno (Polizia municipale, ndr) e Borgione (Servizi sociali), ma si è concluso con un nulla di fatto. Non è stata presa alcuna decisione per garantire la residenza ai profughi, a dispetto del loro status di rifugiati politici. Così abbiamo chiesto ascolto al Prefetto". "Un ragazzo - aggiunge il portavoce del comitato - è stato accerchiato da dieci poliziotti, buttato a terra, perso a calci. E' finito all'ospedale, altri di noi sono rimasti contusi"
(27 gennaio 2009)
Lassociazione Arci Darfur Milano ha saputo solo dell giornali di questi episodi, in quando precisa che valga la buona volonta del dialogo tra profughi e autorità Italiana perche qualunqua sia profugo o megranti e un ospiti e deve respetare il buon senso del dialogo e la protesta pacifica.
Segretaria Associazione Arci Darfur Milano……………..Abdelazim Abdella Gomaa