Il Regno della Nubia
La regione settentrionale del Sudan attuale nell'antichità era conosciuta anche come "regno della Nubia", e la sua civiltà fiorì essenzialmente lungo il corso del Nilo, tra la prima e la sesta cataratta. I regni che si susseguirono furono grandemente influenzati dal vicino Egitto faraonico, ed a loro volta vi fecero sentire il loro influsso.
In realtà, infatti, i confini tra gli antichi regni egiziani e sudanesi fluttuarono frequentemente, e una buona parte di quello che ora è il Sudan del Nord era, in antichità, indistinguibile dall’alto Egitto. La Nubia giunse a comprendere Assuan.
In età romana il Fezzàn fu visitato da Giulio Materno, mentre Nerone inviò alcuni centurioni in esplorazione lungo il Nilo, ma questi si fermarono prima di raggiungere il Sudan. Gli esploratori arabi invece vi penetrarono e ne restano le testimonianze di el Bekri, Edrisi e Ibn Battuta, raccolte da Leone Africano, che visitò l'area del Bornu e compendiò le sue ricerche e quelle degli arabi.
Islam e Arabi
Il cristianesimo fu introdotto nel Sudan nel terzo o nel quarto secolo, ma già intorno al 640 fece la sua comparsa l’Islam, proprio quando già tre dei regni che componevano lo stato erano stati convertiti al cristianesimo. La coesistenza fra le due fedi sarebbe rimasta accettabilmente pacifica sino al XIV secolo.
Il dominio economico nel Sudan feudale di quei secoli a cavallo del millennio fu presto assunto da una classe di mercanti arabi. I più importanti tra i regni che si susseguirono in seguito furono il regno di Sennar e quello di Makuria.
I britannici
A partire dal 1820 il Sudan venne a cadere sotto il controllo dell’Egitto, quando con l'appoggio dei Turchi Muhammad Alì, wali d’Egitto, inviò un esercito agli ordini di suo figlio Ismail Basha e di Muhammad Bey per occupare il Sudan orientale.
Il generale Charles George Gordon
La conquista fu completata con la sottomissione della regione meridionale del paese nel 1839; con l'ingresso dei conquistatori, si sviluppò un intenso commercio di schiavi.
Nel 1857 giunsero in Sudan alcuni missionari cattolici fra i quali Daniele Comboni, che vi fondò la comunità missionaria dei Padri Comboniani.
Il leader religioso Muhammad ibn Abballa, l’autoproclamato Mahdi , tentò negli anni ’80 del XIX secolo di unificare le tribù del Sudan centrale e di quello occidentale. Guidò una rivolta nazionalista contro il dominio egiziano, che culminò con la presa di Khartoum nel 1885, nel corso della quale trovò la morte anche Gordon, il famoso generale britannico.
La guerra del Sudan, in una rappresentazione di propaganda
Lo stato mahdista sopravvisse fin quando Khalifa, successore di Mahdi, non fu definitivamente sopraffatto nel 1898 dalle forze anglo-egiziane guidate da Lord Kitchener nella nota battaglia di Omdurman.
Nel 1899 gli inglesi costituirono il paese vinto in protettorato (formalmente anglo-egiziano in base ad un trattato poi ratificato nel 1936) e divisero il Sudan in due distinte colonie, il Sud ed il Nord, situazione che permase invariata fino al 1956.
Poco dopo (1903) il governo locale iniziò una assegnazione di "licenze" ai missionari che richiedevano di poter entrare nel paese, definendo i territori nei quali sarebbe stato loro consentito di insediarsi. La zona settentrionale nubiana rimase esclusa da tali assegnazioni e restò prevalentemente musulmana.
Nel 1943, allentandosi la pressione britannica a causa del conflitto mondiale, sorsero due partiti spontanei di inclinazione nazionalista, il partito Umma e il partito Ashiqqa' (quest'ultimo di ispirazione islamica), entrambi principalmente riferentisi al Sudan settentrionale.
Nel 1947 si tenne la conferenza di Juba con la quale le due parti del paese concordarono per la riunificazione ed il Sud venne ammesso alla rappresentatività parlamentare.
Nel 1953 il regime di protettorato fu abolito grazie ad un accordo anglo-egiziano ispirato a principi di autodeterminazione dei popoli. Immediatamente dopo, a novembre, si tennero elezioni generali per il rinnovo dell'Assemblea legislativa dalle quali nel gennaio successivo sortì la legittimazione di Al-Azhari a capo del governo. Uno dei primi atti fu l'istituzione di un Comitato per la sudanizzazione, nel quale però fu notata una sporporzionatamente esigua rappresentanza del Sudan meridionale.
Il Sudan indipendente
Fin dall'indipendenza dal Regno Unito, proclamata dal parlamento nel dicembre 1955 ed ottenuta nel 1956, la politica interna è stata dominata da regimi militari che, secondo una visione pressoché unanime degli studiosi, avrebbero favorito governi a orientamento islamico e privilegiato il Sudan settentrionale.
I conflitti interni e la guerra civile, che hanno dominato la scena interna dal 1955 al 1972 e che hanno origine antecedente all'indipendenza, nacquero dal contrasto fra le forze governative settentrionali e le forze Anya Nya che rivendicavano l'autonomia della parte meridionale del paese.
Nel 1957 fu proposta da parte dei nord-sudanesi una costituzione che eleggesse l'Islam a religione di stato e la lingua araba a lingua ufficiale dello stato. L'anno successivo i sud-sudanesi abbandonarono i lavori dell'assemblea costituente una volta compreso che l'ipotesi di una federazione fra Nord e Sud del paese non sarebbe stata accolta.
L'opera dei missionari stranieri fu interrotta nel 1964 da un imprevisto generalizzato decreto di espulsione; le tensioni crebbero sino a far montare in autunno una ribellione nota come "rivoluzione d'ottobre" e lo stato di agitazione permase gravissimo per lungo tempo. Pochi anni dopo, ormai nel 1969, Gaafer Mohamed Nimeiri avrebbe attuato un colpo di stato detto "rivoluzione di maggio", con l'appoggio dei comunisti.
Nel 1972 un accordo di pace firmato ad Addis Abeba garantì al sud una sorta di autonomia tramite la costituzione di un'assemblea regionale con facoltà di elezione del Presidente dell'alto consiglio esecutivo (HEC), soggetto però alla conferma da parte del Presidente della repubblica. Il primo presidente dell'assemblea regionale del sud fu Abel Alier. Parte dell'accordo prevedeva l'assorbimento delle forze Anya Nya nelle forze governative. L'anno successivo la costituzione del Sudan avrebbe confermato i punti principali dell'accordo.
Il 12 aprile 1978 il governo centrale e le opposizioni, guidate dal Fronte Nazionale, sottoscrissero un accordo congiunto di rappacificazione, ma le tensioni si spostarono su un fronte socio-economico, e l'anno successivo fu caratterizzato da manifestazioni e scioperi, per il miglioramento delle condizioni economiche e per il riconoscimento di diritti fondamentali come la libertà di stampa.
Il trasferimento a nord di milizie ex-Anya Nya, la decisione del Presidente Nimeiri di dividere il governo del sud in tre governi regionali e soprattutto la decisione di introdurre le sanzioni previste dalla Shari'a nel codice penale, incontrarono l'opposizione degli ufficiali del sud e portarono all'ammutinamento di Bor nel 1983 che diede i natali alla SPLM/A Sudanese People's Liberation Movement/Army, la guerra civile ricominciò.
Dal 1983, gli effetti delle carestie successive alla guerra hanno provocato oltre 2 milioni di morti ed oltre 4 milione di rifugiati.
I militari
Il 30 giugno 1989 un colpo di stato destituì il presidente Sadeq al-Mahdi eletto nel 1986 e portò al potere un regime militare guidato dal generale Omar Hassan Ahmed al-Beshir e dominato dal Fronte nazionale islamico (NIF). In seguito al colpo di stato il conflitto contro lo SPLM/A si intensificò ed anche le opposizioni politiche nord-sudanesi parteciparono in armi.
Aree sotto controllo governativo ed aree autonome, al luglio 2006
Nel 1996 l'ONU irrogò delle sanzioni per il supposto coinvolgimento del Sudan nell'attentato al presidente egiziano Mubarak dell'anno precedente. Le sanzioni consistevano di un embargo aereo internazionale e vennero seguite da "sanzioni" autonomamente irrogate dagli Stati Uniti, che pretesero un embargo generale.
La guerra civile si protrasse senza tregua e nel 1998, anno in cui si tenne anche un referendum costituzionale, a causa di una siccità particolarmente severa, nel Sud scoppiò una carestia di luttuosa gravità. L'anno successivo una assai tenue mitigazione delle difficoltà venne dall'apertura delle esportazioni di petrolio, ma la lotta politica restò incandescente e al-Beshir proclamò lo stato di emergenza; il Sud divenne vittima di regolari bombardamenti aerei.
L'oppositore Hassan al-Turabi, già procuratore generale e leader del partito Popular National Congress (PNC), fu arrestato nel febbraio del 2001, dopo che la sua formazione aveva avuto alcuni abboccamenti con il SPLA per un coordinamento delle opposizioni.
Stante la permanenza della carestia, e dati gli ormai ingenti numeri di vittime della guerra civile, vi furono svariati tentativi internazionali volti a raggiungere un accordo fra le parti, nessuno dei quali ebbe però successo fino al 2002.
Nel giugno del 2002 con la collaborazione di John C. Danforth, ambasciatore statunitense ed incaricato speciale delle Nazioni Unite, iniziarono delle trattative di pace fra il governo sudanese e il SPLM/A. Il presidente dell'Uganda Yoweri Museveni riuscì a fare incontrare per la prima volta Bashir e John Garang, leader carismatico delle forze ribelli. Uno degli accordi fu la concessione di maggiore indipendenza al sud del paese e l'autodeterminazione dello stesso tramite un referendum.
Una delle principali cause del conflitto è da molti osservatori rintracciata nella presenza di ingenti risorse petrolifere nella parte meridionale del paese.
Situazione attuale
Rimane l'area di conflitto del Darfur. In questa zona i conflitti hanno origini remote e risalgono agli scontri fra le popolazioni nomadi arabe e le popolazioni stanziali africane per le risorse vitali come terra e acqua.
Nel febbraio del 2003 il conflitto crebbe dopo che le milizie del SPLM/A (Sudanese Liberation Movement/Army) e quelle del JEM (Justice and Equality Movement) attaccarono alcuni insediamenti governativi. Nell'aprile del 2004 Kofi Annan ricordò che il rappresentante delle Nazioni Unite locale utilizzò, per descrivere la violenza del conflitto, la definizione "pulizia etnica".
Il 23 dicembre 2005 il Sudan riceve la dichiarazione dello stato di guerra da parte del confinante Ciad. Secondo le autorità ciadiane, infatti, il governo sudanese sarebbe colpevole di alcune aggressioni avvenute presso villaggi di confine.