martedì 13 gennaio 2009

Sudan - Cina - America in Darfur





L'INTERVENTO DI ANTONIO MAZZEO
OPERAZIONE IN DARFUR PER IL NUOVO COMANDO USA AFRICOM

(13/01/2009) -
Il Comando USA per le operazioni in Africa, AFRICOM, ha dato il via ad un ponte aereo per trasferire in Darfur, via Ruanda, 75 tonnellate di materiali pesanti (camion per il trasporto carburante, elevatori, depositi d’acqua ed attrezzature varie non meglio specificate), a sostegno dell’ambigua operazione di “peacekeeping” che ONU e Unione Africana sostengono nella regione occidentale del Sudan dal 2004. La missione aerea, la maggiore mai realizzata da quando il comando è divenuto operativo, prevede l’utilizzo di due aerei cargo C-17 “Globemaster III” dell’Air Mobility Command (AMC), ed è stata autorizzata l’1 gennaio 2009 dal presidente uscente George W. Bush. In una nota inviata alla Segretaria di Stato Condoleezza Rice, è stata definita d’“importanza strategica per gli interessi e la sicurezza degli Stati Uniti d’America”. Le operazioni di trasporto saranno coordinate dal 618th Tanker Airlift Control Center dell’AMC, con sede presso la Scott Air Force Base, e dalla “Seventeenth Air Force” USA, riattivata nella base tedesca di Ramstein quale principale strumento operativo aereo di AFRICOM. Secondo Vince Crawley, portavoce del Comando USA per l’Africa, “i velivoli C-17 effettueranno numerosi viaggi tra l’aeroporto di Kigali, Ruanda, ed uno scalo aereo in Darfur non ancora individuato, dove le truppe statunitensi opereranno solo il tempo richiesto per le attività di scarico dei materiali”. Parallelamente al dispositivo attivato dal Pentagono, il Dipartimento di Stato avvierà un analogo intervento in Darfur con fondi propri, che vedrà l’affidamento ad una compagnia aerea privata della movimentazione di circa 240 container di “materiali pesanti” che giungeranno a Port Sudan, città nordorientale sul Mar Rosso. L’(ex) presidente George W. Bush ha autorizzato il Dipartimento di Stato a procedere alle operazioni in Sudan senza attendere la notifica del programma al Congresso, con la giustificazione, patetica, che “se non si agisce con urgenza, si metterà a forte rischio la salute e il benessere delle persone”. Per movimentare le attrezzature destinate alla forza multinazionale in Darfur, i militari statunitensi potranno contare sull’apporto del personale della Rwanda Defense Force, con cui è stato avviato un programma di addestramento specifico che vede la presenza d’istruttori della “Southern European Task Force” USA con sede a Vicenza, Italia. Il programma fa parte del nuovo “ADAPT - Africa Deployment Assistance Phased Training”, iniziativa di Washington per il “rafforzamento delle capacità di logistica e trasporto militare dei partner africani”. ADAPT ha avuto il suo esordio nell’estate 2008, in occasione del trasferimento di “peacekeeper” dall’Uganda alla Somalia. “Continueremo a lavorare in stretto collegamento con le Nazioni Unite non solo per assicurare il trasporto delle forze di peacekeeping ma anche per il loro addestramento ed equipaggiamento”, ha dichiarato il portavoce di AFRICOM, Vince Crawley. “Le forze armate USA forniscono addestramento ai peacekeeper in Africa da oltre dieci anni e il primo trasporto di truppe e materiali a sostegno della missione in Darfur risale al 2004. L’ultima missione, la quarta, è avvenuta nell’ottobre 2007”. La decisione dell’amministrazione Bush di inviare i C-17 in Sudan, a meno di 15 giorni dalla conclusione del suo mandato, trova il pieno sostegno del neo presidente Barack Obama. Obama tenterà di far assumere agli Stati Uniti un ruolo ancora più attivo negli scenari diplomatici e militari africani. Durante la sua campagna elettorale, ha auspicato che le forze armate possano fornire un supporto logistico maggiore agli sforzi dei peacekeeping in Sudan. Barck Obama si è pure detto favorevole all’ipotesi di creare una “no-fly zone” in Darfur, proposta lanciata congiuntamente due anni da George W. Bush e dall’allora primo ministro britannico, Tony Blair. Allora, i due capi di stato si trovarono d’accordo pure sulla necessità di bombardare gli aeroporti militari sudanesi nel caso di un loro utilizzo per raid in Darfur o in altre province del paese. Molto probabilmente, il ponte aereo USA-Germania-Ruanda-Sudan coinvolgerà direttamente il nostro paese, in primo luogo la base siciliana di Sigonella, che l’Air Mobility Command vorrebbe trasformare in uno dei principali scali europei dei velivoli cargo e cisterna USA. In un’intervista rilasciata al periodico Air Forces Magazine (novembre 2008), il generale Duncan J. McNabb, la più alta autorità militare nel settore del trasporto aereo statunitense, ha spiegato che “per assicurare il successo dell’intervento in Africa”, è indispensabile “sviluppare le infrastrutture delle basi chiave, come Lajes Field, l’isola Ascensione nell’Atlantico e Sigonella, Sicilia”. “L’Air Mobility Command - ha aggiunto McNabb – sta lavorando con il comando dell’US Air Force in Europa per trasferire in queste installazioni, dalla base aerea di Ramstein, Germania, il traffico aereo di AFRICOM”. L'Italia, però, non si limiterà a fornire basi logistiche per i velivoli da trasporto delle forze armate USA. Alla vigilia di Natale, il ministro della Difesa Ignazio la Russa, e il capo di stato maggiore Vincenzo Camporini hanno annunciato che le nostre forze armate si stanno preparando a partecipare alla missione congiunta ONU-UA nel Darfur, “mettendo a disposizione i propri velivoli da trasporto e proteggere le popolazioni locali da una sorta di pulizia etnica che in qualche modo si suppone guidata da poteri politici locali. L'Unione Africana non dispone di strutture logistiche, in particolare di mezzi di trasporto aereo per potere dispiegarsi e intervenire”, ha aggiunto Vincenzo Camporini. “In questo quadro è stato chiesto all’Italia e ad altri paesi di farsi carico del trasporto aereo di parte di queste truppe. La partecipazione italiana doveva partire l’anno scorso, ma non è stato possibile effettuarla perché sono stati posti dei problemi burocratici piuttosto pesanti per concedere i visti per le varie missioni di ricognizione preventive”. In realtà la causa del ritardo dell’intervento italiano starebbe nell’insufficienza di velivoli da trasporto a disposizione dell’Aeronautica militare, specie dopo l’escalation bellica in Afghanistan. Un gap che potrebbe essere superato - secondo fonti provenienti dagli Stati Uniti - dal leasing di due o più C-17 “Globemaster III”, come fatto di recente dalla Gran Bretagna. Nel febbraio 2008, l’allora governo Prodi avrebbe avviato una trattativa con le autorità USA per l’affitto dei C-17 e alcuni ufficiali italiani si sarebbero messi in contatto con la società Boeing, produttrice dei velivoli. Una scelta, quella per l’aereo di fabbricazione statunitense, dettata dalle sue ineguagliate capacità di carico (ogni volo può alloggiare 18 pallet standard NATO, o, in alternativa 102 paracadutisti, 3 elicotteri d’attacco AH-64 Apache e un carro armato MTB Abrams). La trattativa è poi proseguita con il governo Berlusconi. Washington si è dichiarata favorevole al leasing, utilizzando il cosiddetto programma “U.S. Foreign Military Sales (FMS)”. Washington avrebbe pure verificato la possibilità di avvalersi di una o più imprese italiane per trasferire all’Italia i C-17. La stampa statunitense, riferendosi a non meglio specificate “fonti dell’US Air Force”, ha fatto il nome di Alisud, la società che effettua nella base di Sigonella le operazioni di carico e scarico dei velivoli da trasporto strategici, compresi i C-17.
Antonio Mazzeo

Cinesi in Sudan per peacekeepingdi Giovanni De Sio CesariNyala, capitale del Darfur del sud,
12 gennaio 2009. E’ ripartito verso la Cina il primo gruppo del contingente di genieri cinesi delle forze di peacekeeping che erano nel paese dal novembre 2007. Un aereo speciale aveva portato domenica i primi 160 soldati cinesi del secondo contingente per sostituirli. Il 18 ottobre erano stati rapiti nove tecnici cinesi e due autisti sudanesi nella zona di Kordofan attigua quella del Darfur dove infuria la guerra fra le etnie; 5 di essi sono stati uccisi e degli altri non si hanno notizie. I rapitori richiedono un accordo per partecipare ai grossi proventi per lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di petrolio. Attualmente opera nella zona una ditta statale cinese che si avvale della partecipazione anche di imprese dell’India e della Malaysia.Per la situazione nel Darfur è stato messo un embargo internazionale al Sudan ma ad esso non aderisce la Cina (assieme ad altre nazioni fra cui la Russia): i ribelli accusano la Cina quindi di aiutare il governo di Kartum considerato responsabile del genocidio nel Darfur anche con fornitura di armi. Già nei mesi precedenti si erano avuti attacchi alle istallazioni e erano stati rapiti 4 dipendenti indiani poi rilasciati.La Cina persegue in tutta l’Africa una politica economica aggressiva per accaparrare le risorse in competizione con le società occidentali. Essa si presenta politicamente come una nazione non colonialista, proclama invece una solidarietà con quelle popolazioni affermando che intende instaurare rapporti paritari vantaggiosi per tutte e due le parti: il termine comune cinese è “win win” che significa metà e metà (fitty-fifty come si dice in inglese).In realtà i cinesi non hanno preclusioni ideologiche, non richiedono diritti umani, non si immischiano negli affari locali, non hanno insomma le “ubbie” dell’opinione pubblica occidentale. Nel Sudan, quindi isolato a livello internazionale, la Cina non pone problemi ed è diventato il primo partner commerciale e si avvia ad esserlo anche in altri paesi dell’area. La concorrenza cinese all’Occidente non è più solo nei mercati di importazione ma anche nell’acquisto di materie prime. Ed è, in tutte e due i casi, una concorrenza molto te
Disarmare i JENGAWEED! Liberare i terreni del Darfuriani! Conferenza di pace Internazionale cosi sarebbe ma !? ....................................................azim

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