mercoledì 11 marzo 2009




2009-03-10 10:57
Sudan: evacuazione personale Usa
Residenze diplomatiche occidentali ha rafforzato sicurezza
(ANSA) - KHARTOUM, 10 MAR - L'ambasciata americana a Khartoum ha autorizzato l'evacuazione volontaria del suo personale non indispensabile.La decisione giunge dopo il mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente sudanese Omar el Bashir per i crimini commessi in Darfur. Un funzionario dell'ambasciata ha detto che si tratta di una mossa diplomatica dopo l'espulsione di alcune ong. Tutte le ambasciate occidentali hanno rafforzato la sicurezza.


Sudan, nuovi scenari dopo il mandato d’arresto a Bashir di VERONICA TROVATO
Martedì 10 Marzo 2009 14:42

Per gli addetti ai lavori il 4 marzo è stata una data storica. La Corte penale internazionale ha spiccato un mandato d’arresto contro il presidente del Sudan, Omar Hassan al-Bashir.Considerando certi elementi, si capisce che la portata della decisione è straordinaria. La Cpi è un tribunale di recente istituzione: il suo Statuto, adottato a Roma nel 1998, è entrato in vigore tra le ritrosie di vari Stati, tra cui spiccano gli Stati Uniti, soltanto sei anni fa, il 1° luglio del 2002. Si potrebbe pensare che la decisione abbia sancito la fine del periodo di rodaggio dell’istituzione e abbia avviato la sua “messa a regime”.La richiesta del procuratore generale Ocampo di incriminare Bashir ha acceso i riflettori sulla Corte e ha costituito un banco di prova sia per il Tribunale che per gli attori internazionali che si relazionano ad esso. Bashir, inoltre, è il primo presidente contro cui viene spiccato un mandato di arresto mentre è ancora nel pieno esercizio delle sue funzioni. Era sì capitato in passato che un tribunale penale, esterno alla giurisdizione di uno Stato, condannasse esponenti militari di un regime o incriminasse il leader (nei casi di Milosevic o Karadzic, per esempio) per essersi macchiati di gravi crimini contro il loro stesso popolo, ma mai contro il numero uno di un regime ancora in carica.Prevedibili le reazioni emerse da più parti nei confronti della decisione della Cpi: i fedelissimi di Bashir in Sudan e gli Stati della Lega araba e dell’Unione africana parlano di complotto. Accusano l’Occidente di perpetuare l’accanimento vecchio di secoli su un continente già sfruttato fino all’osso e di impedirgli di emanciparsi sostanzialmente. Denunciano la parzialità del Tribunale. Va comunque rilevato che la Cpi, essendo nata come tribunale permanente, si sottrae a quelle accuse di avere un movente punitivo, che invece non erano state risparmiate al Tribunale per la ex-Jugoslavia e a quello per il Ruanda, corti ad hoc e con una competenza ratione loci evidentemente molto specifica.A ciò si aggiunga che i tre giudici della Camera preliminare, i quali hanno deciso per il mandato di arresto, non provengono certo dagli Stati più emancipati del Nord del mondo (Ghana, Brasile, Lettonia). Forti critiche sono state espresse anche dalla Cina, ma non destano alcuna meraviglia. Pechino segue la stessa logica degli Stati che hanno sostenuto Bashir già dal luglio scorso, quando Ocampo ha avviato l’azione contro il leader sudanese. La decisione della Corte costituisce per loro un pericoloso precedente e dà sostanza allo spettro di essere loro stessi potenziali bersagli di una giurisdizione che considerano estranea per le crudeltà di cui si macchiano quotidianamente.Ma c’è di più: le critiche originano dalla paura che i seguiti della decisione possano mettere a repentaglio i loro interessi economici. Basti pensare che l’Egitto ha bisogno di accedere al bacino del Nilo e la Cina delle sterminate riserve di petrolio sudanese per alimentare la sua crescita economica. Anche ammettendo che Manuel d’Escoto, il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, abbia ragione quando afferma che le ragioni che hanno mosso la Cpi sono puramente politiche, una cosa è certa: una corte realmente operativa ha una funzione deterrente. Non si può negare infatti che in questi mesi di attesa per la decisione Bashir e il suo entourage abbiano promosso varie iniziative per dare prova di buona volontà e di attenzione sulla questione Darfur con l’intento di ottenere la sospensione del processo (peraltro contemplata dallo Statuto della Corte). In questa logica rientrano gli innumerevoli viaggi di Stato dello stesso Bashir, dei suoi consiglieri e dei suoi ministri - da cui l’Italia non è stata esentata - e gli incontri organizzati in Sudan con uomini politici di spicco.Ma soprattutto la paura dell’arresto ha spinto il leader sudanese a sedersi, tra mille resistenze, al tavolo negoziale con i ribelli del Darfur, quelli contro cui aveva scatenato i demoni a cavallo. Adesso si teme che si cali il sipario sul processo di riconciliazione o che l’Accordo globale di pace, siglato nel 2005 tra il Ncp, il partito di maggioranza, e l’Splm, subisca una battuta d’arresto. Ma che sorte avrebbero avuto se non fosse sopraggiunta la richiesta di incriminazione? Bashir si sarebbe servito del suo potere per portare definitivamente la pace nel suo Paese o lo avrebbe impiegato per annientare le opposizioni con tutti i mezzi possibili, come aveva fatto in passato?La decisione della Cpi è cruciale soprattutto per le sorti del Sudan. I ribelli probabilmente cavalcheranno l’onda della notizia per rifiutare di negoziare o per alzare la posta in gioco; Bashir ha ora ben poche ragioni di rimanere attaccato ad una poltrona che ha perso credibilità; le elezioni previste per il luglio prossimo, sempre che abbiano luogo, si sono caricate di incertezza; gli attori internazionali che operano in Darfur e i civili hanno da temere dalla potenziale proclamazione dello stato di emergenza e dal rafforzamento delle misure di controllo. Tutti dubbi che troveranno presto una risposta.
Oggi Gino Strada stato intervistato da corriere della Sera, ha difeso Albashir e vero quello che ha detto Gino Strada questa corta non stata reconuscuita da tutti ma e la dicizione sua stato una vittoria per i Darfuriani....................Abdelazim Gomaa Segretaria Arci Darfur Milano



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